La tartaruga e il gamberetto

Esemplare di tartaruga verde

C’erano una volta sette tartarughe, e con loro c’erano migliaia di gamberetti.
Le tartarughe erano ognuna di una specie diversa, ed i gamberetti il loro cibo più gustoso. In questo equilibrio fra preda e predatore, la loro vita scorreva tranquilla sotto i mari e gli oceani più profondi, insieme a loro vivevano anche molte altre specie animali e tutti trovavano riparo dietro le barriere coralline e nelle ampie foreste di mangrovie che crescevano nel fondo dell’oceano.

Sembra l’inizio di una bella favola, ma non è esattamente così. Perlomeno non è una di quelle favole che finiscono con “vissero tutti felici e contenti”. Perché ad un certo punto della storia, arriva il predatore più dannoso e aggressivo: l’essere umano! Scommetto che lo avreste indovinato subito.

L’essere umano è molto goloso di piccoli pesci e molluschi, proprio come i gamberetti, e per pescarli è disposto ad utilizzare metodi che danneggiano gravemente i fondali marini, che mettono a repentaglio l’esistenza di molte specie animali, e che uccidono circa il doppio del pesce necessario, gettando poi nuovamente in mare tutti gli animali indesiderati ormai già morti.

È il fenomeno del cosiddetto bycatch, cioè cattura accessoria e accidentale da parte dei pescatori, che spinge molte specie verso l’estinzione. A seconda del metodo di pesca utilizzato si parla di cattura accessoria o cattura accidentale: nel primo caso animali diversi da quelli desiderati vengono sempre all’amo; nel secondo caso la cattura di animali diversi dalle specie target non avviene in modo sistematico, ma capita di frequente. E non sono solo i cetacei le uniche vittime: dalle tartarughe marine alle foche, dagli squali agli uccelli marini, a piccoli pesci di poco valore commerciale, fino ai coralli, sono tanti gli animali uccisi in mare da attrezzi da pesca che raccolgono anche specie diverse da quelle mirate.

In media la pesca a strascico porta a gettare fuori bordo dall’80 al 90% del pescato, morto o morente, in quanto cattura secondaria, e molte di queste prede accessorie sono specie in pericolo di estinzione.

Nel complesso, secondo le stime dell’ultimo rapporto del Wwf che fa il punto sul fenomeno del bycatch, si parla di miliardi di animali rimasti uccisi ogni anno nel mondo. Oltre 300.000 cetacei, per cui il bycatch è la principale causa di mortalità; oltre 250.000 tartarughe marine cadono nel palangrese derivante: una lunghissima lenza con tanti ami in fila impiegata per tonni, pesce spada e altri pesci; 26 specie di uccelli marini, incluse 17 specie di albatro, sono minacciate di estinzione a causa di queste lunghe lenze, che uccidono oltre 300.000 uccelli marini ogni anno; l’89% degli squali martello e l’80% degli squali volpe e squali bianchi, sono scomparsi dall’Oceano Atlantico Nord orientale negli ultimi 20 anni, principalmente a causa della cattura accidentale e accessoria. È sufficiente?

Tornando alle nostre sette tartarughe, vorrei presentarvele una ad una: la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), la tartaruga verde o tartaruga franca (Chelonia mydas), la tartaruga comune (Caretta caretta), la tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata), la tartaruga di Kemp (Lepidochelys kempii), la tartaruga olivastra (Lepidochelys olivacea), la tartaruga a dorso piatto (Natator depressus).
Da 150 milioni di anni vivono nei mari di tutto il mondo, eppure ora tutte e sette le specie sono in via di estinzione: l’uomo ha determinato una riduzione del 95% per alcune di loro, e ogni anno solo nel mar Mediterraneo sono decine di migliaia gli esemplari catturati per sbaglio. Per sbaglio!

Nel tentativo di fermare la strage, in Italia è stato creato anche un progetto di salvaguardia chiamato Tartanet, terminato nel 2009 dopo aver apportato diverse azioni importanti, fra cui:

  • Creazione di un network per le tartarughe marine con l’allestimento di 5 nuovi Centri di Recupero in aree “hot spot”, e la messa in rete di quelli già esistenti;
  • Sperimentazione di sistemi per la riduzione delle catture accidentale tipo TED e l’applicazione su larga scala di sistemi che prevedono l’utilizzo di ami circolari;
  • Attivazione di un servizio Pronto Intervento Tartarughe con un numero verde sempre attivo su tutto il territorio nazionale per la segnalazione di catture accidentali e l’attivazione e il coordinamento degli interventi di recupero;
  • Creazione di una banca dati in grado di favorire lo scambio di esperienze e la condivisione dei dati tra coloro che si occupano di tartarughe marine;
  • Realizzazione di un pacchetto di iniziative tese a informare e formare i pescatori;
  • Realizzazione di un programma d’interventi per la sensibilizzazione del grande pubblico.

TED sta per Turtle Excluder Device, e la sperimentazione di questo sistema in particolare sembra essere la soluzione più praticata per ottimizzare la pesca, evitando di intrappolare le specie indesiderate. In pratica è una griglia, che viene inserita all’interno delle reti a strascico, e che permette alle tartarughe di fuoriuscire attraverso dei fori nella rete, mentre i molluschi e i pesci più piccoli passano attraverso e finiscono direttamente… Dalla rete al peschereccio, e dalla padella alla brace, per essere serviti nei nostri piatti.

Negli Stati Uniti la legge vieta addirittura di importare crostacei da paesi che non abbiano reso obbligatorio l’utilizzo del TED, e tale decisione, dopo vari disaccordi, è stata appoggiata anche dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio; la questione quindi è più importante di quanto possa apparentemente sembrare.

Dopo tutto questo, viene da chiedersi se mangiare crostacei e molluschi di ogni genere (siano essi selvaggi o da allevamento), non crei conseguenze molto più gravi di quanto potremmo mai aver pensato.

A sostegno della pesca sostenibile è nata la campagna Slow Fish: attività di formazione e sensibilizzazione, e una guida su come scegliere il pesce “buono, pulito e giusto”. Insomma, se proprio vogliamo mangiarli, almeno mangiamo informati.

Ma il dubbio rimane: mettere gamberetti e altre prelibatezze nei nostri piatti, è davvero così importante per la nostra dieta? Vale la pena tutto ciò?

“La pesca a strascico, quasi sempre per i gamberetti, è il corrispondente marino del disboscamento della foresta pluviale.
Tutto questo importa? Importa abbastanza da indurci a cambiare quello che mangiamo? Nessun pesce ottiene una buona morte, neppure uno. Non c’è bisogno che ti chieda se il pesce che hai nel piatto abbia sofferto. Ha sofferto.
Che si parli di pesci, maiali, o di altri animali, questa sofferenza è la cosa più importante del mondo? Ovviamente no. Ma non è questo il punto. È più importante del sushi, del bacon o delle crocchette di pollo? Questo è il punto.”
(Jonathan Safran Foer – Se niente importa)

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One Comment

  1. La Caretta liberata! « Ben-Essere Animale

    […] grosso amo in pancia, imprevisto considerato “normale” nella pesca di molluschi (leggi: La tartaruga e il gamberetto). Grazie alle amorevoli cure della Clinica Veterinaria Duemari di Oristano, che le ha salvate […]

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