A San Martino, castagne e vino

In Italia San Martino si celebra l’11 novembre: una data simbolica, che scandisce il ritmo dell’agricoltura e segna il passaggio tra la stagione del lavoro e quella del riposo. Tradizione vuole che si festeggi questa giornata con le castagne, più buone se mangiate in compagnia di qualche amico e accompagnate da vino rosso novello. Che siano arrostite, bollite o glassate, il risultato è sempre lo stesso: una tira l’altra!

Spieghiamo innanzitutto la differenza tra castagne e marroni: appartengono alla stessa famiglia ma non sono lo stesso frutto. Le castagne sono il frutto di una pianta selvatica (Castanea sativa), mentre i marroni arrivano da particolari cultivar selezionati per le migliori qualità: presentano dimensioni superiori, sono più dolci e profumati e, ahimè, costano anche molto di più!

I migliori marroni italiani arrivano da sei località, da Nord a Sud del Paese: Cuneo (Piemonte), Combai (Veneto), Marradi (Toscana), Vallerano (Lazio), Montella  e Roccaspide (Campania).

Castagne e marroni sono dei frutti ricchi di amido, un carboidrato complesso che necessita di essere digerito nell’intestino. Una parte di questo amido però raggiunge il colon senza essere digerito: lì viene fermentato dai batteri intestinali con la produzione dei benefici acidi grassi ad azione prebiotica. Oltre a contenere amido, sono una fonte importante di fibre e minerali: appena 100 gr di castagne (circa 12 pezzi) apportano il 9 per cento del ferro necessario all’organismo, il 10 per cento del potassio e il 14 per cento del magnesio. Sono assolutamente povere di grassi e molto ricche di acido folico. Inoltre non contengono glutine, e sono quindi un alimento adatto anche in presenza di celiachia.

Tuttavia proprio perché sono un alimento piuttosto energetico, vanno consumate con moderazione, meglio se in sostituzione alle altre fonti di carboidrati. Se proprio non sapete resistere, preferite quelle arrostite o lesse: 100 grammi contengono rispettivamente 190 e 130 calorie, mentre quelle secche ne contengono 300. Possono essere consumate come spuntino, per colazione, o nei pasti principali al posto di pane, cereali, patate. Non a caso nel Medioevo il castagno era conosciuto anche come “albero del pane”: dai frutti si ricava anche la farina, ingrediente base di molte ricette. Ad esempio il castagnaccio, dolce tipico della cucina Toscana, ma anche gnocchi, polenta, zuppe e molto altro.

Vediamo ora quanti sono i modi per consumare le castagne. Prima della cottura è sempre consigliabile effettuare un ammollo di circa un’ora, per poi procedere con un’incisione della buccia in senso longitudinale, operazione che ne facilita la rimozione una volta cotte.

Le caldarroste possono essere cotte direttamente sul fuoco, all’interno di un’apposita padella con il fondo bucherellato, oppure sul piano cottura della stufa a legna. Tuttavia si può ottenere un buon risultato anche cuocendole in forno (circa 30 minuti a 200°C) o in friggitrice ad aria. A cottura ultimata, le caldarroste vengono avvolte in uno strofinaccio che mantiene la temperatura e la giusta umidità, e volendo possono essere bagnate con del vino rosso e lasciate riposare per circa 30 minuti.

Per la preparazione delle ballotte invece basterà bollire le castagne in abbondante acqua per circa 30 minuti. Volendo può essere utilizzata la pentola a pressione, riducendo i tempi di cottura.

Dopo la bollitura, le castagne possono essere essiccate: espediente utile per prolungare la conservazione e per avere degli snack golosi e salutari. Mettete le castagne bollite in una teglia e poi in forno a 220°C per circa 90 minuti. Quando saranno ben secche, estraetele e fatele riposare su uno strofinaccio pulito, tenendole per almeno due giorni a temperatura ambiente. In questo modo avrete ottenuto le “straccaganasse”, nome che in dialetto Veneto può essere tradotto come “stanca mascelle”, perché per consumarle è richiesta una lunga masticazione! Da non confondere con le castagne “del prete”, prodotto tipico della provincia di Avellino: in questo caso le castagne sono prima sottoposte a una lunga essiccazione (dai 10 ai 15 giorni!), poi tostate in forno e infine, per farle insaporire e reidratare, immerse in contenitori pieni di acqua o di acqua e vino.

Con un procedimento simile si ottengono anche le “mosciarelle” o “tenerelle”: sono così chiamate le castagne del prete che, nonostante la lunga essiccazione, mantengono un alto contenuto di umidità e quindi rimangono morbide. Un prodotto molto apprezzato e richiesto dal mercato, perché particolarmente dolci e conservabili fino a 3 – 4 mesi.

Per finire, una curiosità: i frutti dell’Ippocastano, albero tipicamente presente nei viali delle città e nei parchi urbani, sono detti castagne d’India per la loro somiglianza alle castagne comuni, che invece si trovano solo nei boschi. A differenza di quest’ultime però, le castagne d’India non sono commestibili: hanno un gusto amaro e provocano sintomi gastrointestinali anche gravi, e ogni anno sono causa di numerose intossicazioni. Diffidate dalle imitazioni!

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