A tartufi con Maia!

Una breve vacanza in Piemonte, ospite di amici, mi ha regalato l’occasione per cimentarmi nella ricerca di tartufi. Agosto giungeva al termine, eravamo giusto in tempo per la raccolta degli ultimi “scorzoni” prima della chiusura della stagione estiva: a settembre il bosco riposa per qualche settimana, in modo che i tartufi bianchi abbiano il tempo di maturare. Gianni, amico e tartufaio esperto, mi spiega tutte queste cose mentre ci addentriamo nel bosco insieme a Maia, la sua cagnolina Drahthaar abituata a riconoscere il profumo di queste preziose gemme sotterranee. Inutile dire che mi è venuta voglia di approfondire l’argomento: ecco cosa ho scoperto!

Il tartufo è un fungo che, anziché crescere in superficie, si sviluppa nel sottosuolo, dove si lega alle radici degli alberi con i quali instaura un rapporto di simbiosi: fungo e albero si scambiano reciprocamente i nutrienti, generando quella che scientificamente è definita una micorriza. Giunto a piena maturazione, il tartufo produce un profumo intenso e penetrante, in grado di superare la barriera del terreno che lo ricopre e attirare gli animali selvatici che, golosi di esso, contribuiscono alla dispersione delle spore.

Il Paese con la maggior varietà e quantità di tartufi selvatici nel mondo è proprio l’Italia. Luogo d’elezione è senza dubbio il Piemonte: particolarmente celebre è il tartufo bianco di Alba. Ma anche l’area appenninica dell’Italia centrale è altrettanto famosa per la presenza di tartufi: da qui, ad esempio, provengono i celebri tartufi neri di Norcia. Fuori dall’Italia i tartufi trovano diffusione spontanea soprattutto nell’Europa continentale, in alcuni Paesi dell’Est Europa e nell’Inghilterra meridionale. Oltrepassati i confini europei i tartufi si fanno più rari: in piccole quantità sono stati scoperti in Canada, Russia, Cina e Giappone.

Le sembianze cambiano a seconda della zona geografica, del tipo di terreno e dei fattori ambientali. Le varie specie si differenziano per il colore della polpa interna e per l’aspetto della superficie esterna (detta scorza) che può essere liscia o ruvida. Il tartufo nero estivo, o scorzone, è detto così proprio perché presenta con una superficie ruvida e bitorzoluta: equilibrato e armonioso nel gusto, con note di foreste, legno e boschi. Il più pregiato in assoluto è invece il tartufo bianco: raffinato e squisito, caratterizzato da un colore chiaro e una superficie vellutata.

Il profumo così caratteristico rende questo fungo un vero capolavoro della natura. Per aromatizzare un’intera portata sono sufficienti pochi grammi, e i valori nutrizionali sono ottimi: ricco di enzimi digestivi, di antiossidanti e di minerali, soprattutto calcio, potassio, magnesio e ferro. È anche ricco di fibre e povero di grassi, quindi ideale per una dieta equilibrata. C’è di più: il tartufo fa bene anche all’umore! Contiene, infatti, una molecola che stimola la produzione di melanina, contribuendo al benessere generale. Questa sostanza è prodotta dal fungo per attirare gli animali che, tramite l’alimentazione, contribuiscono alla dispersione delle spore. Un risultato dell’evoluzione di cui possiamo beneficiare anche noi!

A rendere i tartufi così speciali è anche il modo in cui vengono cercati, trovati e raccolti. Un tempo la ricerca era condotta con i maiali, animali dotati di grande fiuto, che però presentano un inconveniente: sono talmente ghiotti, che finiscono spesso con il mangiare il frutto del proprio ritrovamento. Oltre a ciò, sono molto irruenti nelle operazioni di scavo, con il rischio di provocare danni al prezioso ecosistema del sottobosco. Per questo motivo l’impiego dei maiali è stato vietato dalla legge, e ora la ricerca avviene grazie a dei cani opportunatamente addestrati. Qualunque razza canina dotata di un buon fiuto è adatta alla ricerca dei tartufi: anche i meticci possono diventare eccellenti ricercatori, a patto di maturare con loro un rapporto di fiducia, rispetto ed empatia.

Dopo la raccolta, il tartufo deve essere consumato fresco per apprezzarne al meglio le proprietà organolettiche. È possibile, però, ricorrere al congelamento per prolungarne la conservazione. Si abbina molto bene ai primi piatti, come pasta fresca o risotti, ma anche con le zuppe e i formaggi: piccole dosi di tartufo grattugiato sono sufficienti per trasformare il piatto più semplice in una vera specialità gastronomica. In alternativa, può essere utilizzato come ingrediente in creme e salse, oppure per aromatizzare olio e miele da consumare durante l’anno.

Va segnalato che, se consumato in grandi quantità, è possibile andare incontro a degli spiacevoli effetti collaterali, come l’affaticamento del fegato e la produzione eccessiva di acido urico: per questo motivo, è sconsigliato in presenza di coliche renali. Tuttavia, solitamente non se ne mangiano che pochi grammi: la limitata disponibilità, i prezzi spesso elevati e anche il suo profumo così intenso, non lo rendono un alimento che si mangia tutti i giorni.

Per finire, come sempre, una curiosità: il tartufo è noto per essere una sentinella ambientale. Questo pregiato fungo ipogeo è molto sensibile alle condizioni dell’habitat in cui cresce, e non tollera i terreni inquinati. Anche per questo può essere considerato come una vera gemma preziosa, che la Terra regala solo a chi ha cura di essa. 

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